Nel Cinquecento sulle coste liguri e quindi anche alle Cinque Terre e nel golfo della Spezia si abbatté un pericolo che terrorizzò, per circa 300 anni, le popolazioni: i corsari “turcheschi”. A distanza di secoli, dopo le ultime incursioni saracene del terribile re Mughetto, predoni turchi e berberi, provenienti dall’Oriente, da Tunisi ad Algeri, a volte cristiani convertiti al’Islam, con le loro agili navi giunsero alla vista dei borghi marinari.
Khair-ed-Din, il Barbarossa, capo delle flotte dell’impero ottomano, Draghut, Uccialì, un rinnegato nato sulle coste calabresi, Giaffer, furono i comandanti più noti delle spedizioni che, nella bella stagione, risalivano i mari Tirreno e Ligure, saccheggiando paesi e razziando uomini e donne, oggetto di riscatto o di vendita come schiavi.L’espansione ottomana ad Occidente, che aveva avuto grande impulso con il sultano Solimano il Magnifico, si era assommata alla guerra fra due potenze cristiane, la Spagna e la Francia, il cui re Francesco I, principe cristianissimo, si era alleato con gli “infedeli” per battere il nemico Carlo V.
In questa situazione le flotte piratesche potevano dirigersi con relativa tranquillità nel Mediterraneo occidentale e colpire la Spagna e i suoi alleati. Gli strumenti per la difesa a disposizione delle comunità rivierasche non erano numerosi. Solo col rafforzamento delle vecchie strutture fortificate di origine medievale, con la costruzione di alcune torri dotate di cannoni, smerigli e archibugi, aumentò la capacità di resistenza dei piccoli paesi.
Alla fine del Quattrocento, la Repubblica di Genova, per sorvegliare la costa, armò due galere, che nel 1490 diventarono quattro durante la bella stagione.
I segnali di pericolo venivano lanciati da punti ben precisi disseminati lungo la costa; svolgevano questa funzione la sommità del promontorio del Mesco a Monterosso e punta Montenero a Riomaggiore, che delimitano ad occidente e ad oriente la zona. Di notte il fuoco era il mezzo usato per le segnalazioni. Se era acceso ad intervalli regolari e prestabiliti e bruciava in modo continuo, si poteva stare tranquillamente a dormire; ma se il fuoco era acceso e poi subito spento o oscurato, e se comparivano fuochi simultaneamente occorreva mettersi in salvo perché gli “infedeli” erano vicini, con tante imbarcazioni quanti erano i fuochi. Durante il giorno i segnali erano fatti col fumo.
Un avvenimento segnò duramente le Cinque Terre. L’8 Luglio 1545 una flottiglia di pirati investì Monterosso, alla guida del famoso Draghut. Dalle galere, i corsari scesero sulla spiaggia e saccheggiarono e bruciarono case e portarono via uomini e donne. Da lì si rimisero per mare, non attaccarono Vernazza, ma colpirono Corniglia, che subì la stessa sorte di Monterosso. Poi fu la volta di Manarola, dove però i corsari non riuscirono a scendere a terra, in quanto gli uomini del borgo furono soccorsi dai Riomaggioresi, evitando così il saccheggio. Draghut dalle Cinque Terre si spostò nel Golfo della Spezia, dove attraccò in attesa di ottenere un riscatto per i prigionieri che aveva portato con sé.
L’ultimo attacco islamico ebbe luogo nella notte fra il 24 e il 25 giugno del 1815, al largo del Mesco, quando una “bombarda” turca depredò due bastimenti “acciugari”; gli uomini furono portati via mentre le barche furono abbandonate.
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